Palabrasenelviento

Palabras en el viento

Archive for ottobre 2007

Milù

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Mi è tornata in mente, dopo una lunga telefonata di Maurizio pochi giorni fa, una canzone che non ascoltavo più da tempo: Milù, dei Verbamanent. Canzone (la prima che hanno scritto) che sprizza deandreianismo sia dagli accordi sia dal testo per ammissione degli stessi autori; e che ci porta, in un’atmosfera tra dolore e sogno, a due dei peggiori crimini perpetrati dal potere politico-giudiziario sull’uomo: il giudizio prima e la sentenza poi. Questa canzone, come tante altre canzoni, parla di un omicidio.

Milù

Milù mi accolse tra le sue braccia
mi strinse le mani carezzò la mia faccia
mi disse andiamo, andiamo lontano
verso le strade, i fiumi e i canali
e le mie braccia divennero ali
sul suo cavallo salimmo di fretta
ed io capii in un solo momento
che la mia vita era cenere al vento . . .

Volammo alti senza guardare
cercando sempre di non pensare
a quella giovane vita strappata
dall’ingiustizia comunque legale
che si permette di togliere il cuore
ed aspettare che perda l ‘odore
e di legarlo come foglia appassita
io per un errore pagai con la vita . . .

Udimmo grida venire da dentro
sentimmo donne piangere al vento
sentimmo uomini chieder perdono
ma il boia ignora ogni tipo di suono
egli è più forte di qualsiasi cosa
la morte è solo la sua cara sposa
e alzando il braccio le chiede aiuto
un altro omicidio era stato compiuto . . .

E le mie braccia divennero ali
sul suo cavallo salimmo di fretta
ed io capii in un solo momento
che la mia vita era cenere al vento .

Written by Ezio

31 ottobre 2007 at 22:13

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Una frase

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Una frase pescata chissà come tra un filo d’inchiostro e la mia memoria, alla quale attribuisco un significato tutto mio: “L’uomo produce amore, laddove non viene oppresso dall’ingiustizia del potere. Solo davanti a questo scopre e impara l’odio, poiché il potere si compone della gerarchia, corrompe il significato delle parole, arma i più forti ai danni dei più deboli, obbedisce alla logica della sopraffazione. Di fatto può essere esercitato solo se chi sta dall’altra parte smette di immaginarsi la libertà.”

 

Written by Ezio

30 ottobre 2007 at 23:03

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L’origine del male

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virusb.jpg
Cristian Biasco è un giovane e bravo attore teatrale che nel suo spettacolo “L’origine del male”, liberamente scaricabile già da parecchio tempo su Arcoiris, prova a raccontarci una storia un po’ diversa sulle origini della malattia delle malattie: L’aids.
Lo spettacolo l’ho visto qualche mese fa e devo ammettere che mi ha colpito, più della storia stessa, l’ironia e a volte il sarcasmo con cui viene raccontata. Certo, la ricerca dev’essere stata piuttosto lunga vista la mole di documenti da cui attinge per la sua tesi, però ne esce fuori una sorta di teoria che – seppur già intuita fin dai primi anni ’80 – sembra sia stata deliberatamente occultata: una vera e propria guerra mediatica fra l’establishment scientifico-reazionario e chi di ricerca non vive ma ficca il naso tra le pieghe della natura solo per curiosità. Al di là delle mie conclusioni (e al di là di quelle di Biasco) mi viene da pensare che, se in questo angolo di mondo di aids si parla sempre meno, ciò è probabilmente dovuto al fatto che questo tanto evanescente retrovirus si è finalmente deciso ad ammazzare le persone (quasi) solo là dove deve, assumendo sulle sue spalle buona parte del peso della “causa comune…” Non mi passa ovviamente per la testa di mettermi a scrivere della causa comune, visto che in quanto comune non può essere mia.
A mio avviso un monologo da vedere.

Written by Ezio

29 ottobre 2007 at 20:46

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Ricordi

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A volte le storie che durano di meno – che siano d’amore o d’amicizia o, magari, solo di sguardi e di parole scandite tra un silenzio e l’altro – sono quelle che lasciano “segni sulla pelle” più marcati di altre.
Non vogliono essere qualcosa di dovuto queste parole, anche perché risalgono al 19 agosto del 2002 e postate allora su di un Newsgroup, ma solo il ricordo di una persona che conobbi 25 anni fa e che frequentai per un brevissimo lasso di tempo. C’era tutta una vita davanti, allora, e un mondo da spogliare lentamente, da gustare giorno dopo giorno, poco tempo dopo la fine di un tentativo di rivoluzione che venne combattuto anche riversando nelle strade quantitativi immensi di eroina, per divorare ogni sorta di collettività e senso critico.
Ci riuscirono, visto l’oblio in cui si cadde nel decennio che stava iniziando: gli anni ‘80.

(Se ancora sei, ovunque tu sia, questa è per te.)

La cattiva strada

Per quanto lunga l’ho imboccata un giorno; due passi, forse tre.

“Alla parata militare sputò negli occhi ad un innocente
e quando lui chiese perché, lui gli rispose questo è niente e
adesso è ora che io vada…
e l’innocente lo seguì, senza le armi lo seguì, sulla sua cattiva
strada”

Con i denti stampati sul dorso della mano e un sapore dolce nella bocca,
spinto su di un treno dall’autorità costituita; verso un’avventura che
sarebbe dovuta durare un anno, ed un anno durò.

Il rumore del mare entrava attraverso i vetri rotti dell’ospedale, non
ho mai tenuto il conto di quali e quanti fossero, ma questo lo ricordo
bene, con esso l’aria fredda e carica di sale tipica delle sere
invernali; stretti, a far da companatico tra due materassi, vestiti di
tutto punto, in una camera senza coperte né lenzuola.

Passato il contrappello, tra le 22 e le 23, si saltava la finestra del
primo piano, cinquanta metri al riparo delle siepi, con le siringhe che
si rompevano sotto le scarpe; si scendeva il fossato e si saltava fuori,
verso la vita notturna di una cittadina sul litorale laziale.

“Sui viali dietro la stazione rubò l’incasso ad una regina e quando lei
gli disse come, lui le rispose forse è meglio, è come prima,
forse è ora che io vada… e la regina lo seguì, col suo dolore lo
seguì, sulla sua cattiva strada.”

Un paio di birre, “trovate” tra la stazione e il porto, da consumarsi
sulle panchine del lungomare; il tempo a raccontarci del dolore, che
segue sempre la gioia di un’ora di libertà rubata. Magro, con le guance
incavate e gli occhi di rana, l’andatura ondeggiante portata con su
fierezza. Non traspariva dolore dal suo sguardo, né traspariva odio.
Le braccia che sembravano punte da una miriade di insetti. Non aveva mai
freddo lui.

“E in una notte senza luna rubò le stelle ad un pilota: quando
l’aeroplano cadde, lui disse è colpa di chi muore, comunque è meglio
che io vada…ed il pilota lo seguì, senza le stelle lo seguì, sulla
sua cattiva strada.”

Non rubò nulla, in una delle sere in cui restammo imprigionati nel
recinto insieme ad altre cavie; lo guardai mentre si univa agli altri,
in fila, come ad un imbarco su una carretta volante dalle ali rotte;
restai indietro, ascoltando il rumore dei loro gesti, l’affannarsi del
loro respiro. A turno. E mai una voce.

“Ad un diciottenne alcolizzato versò da bere ancora un poco e mentre
quello lo guardava lui disse Amico, ci scommetto, stai per dirmi adesso
è ora che io vada… l’alcolizzato lo capì, non disse niente e lo
seguì, sulla sua cattiva strada.”

Qualcuno versò troppo quella notte, ero già tra i materassi quando
tornò in camera, barcollando più di quanto l’avessi visto barcollare
altre volte, non disse una parola, non incrociammo gli sguardi, si
lasciò cadere sul letto, si lasciò addormentare.

“Ad un processo per amore baciò le bocche dei giurati ed ai loro
sguardi imbarazzati rispose adesso è più normale, adesso è giusto,
giusto, è giusto che io vada… ed i giurati lo seguirono, a bocca
aperta lo seguirono, sulla sua cattiva strada, sulla sua cattiva
strada.”

Non ci sono strade, c’è la strada: lì assaporo la vita, l’annuso, la
sento scorrere nelle vene, dalla foce al delta, mi esalta; lì dove i
tuoi sensi non arrivano a percepire nulla io sento il mondo, il mio
mondo. Non seguirmi più!
Non capivo, non ero un giurato, ma lo seguii.

“E quando poi sparì del tutto, a chi diceva è stato un male,
a chi diceva è stato un bene, raccomandò non vi conviene venir con
me dovunque vada.”

Lo seguii; solo anni dopo capii quali fossero le mie intenzioni di
allora. Si preparava in silenzio, c’erano altri, il rito dietro le
siepi, feci due passi, forse tre; mi fissò negli occhi senza dire
nulla. Un silenzio carico di parole.
Tornai indietro, nella solita camera, solito companatico.
Dopo un paio di giorni fu riformato.

“Ma c’è amore un po’ per tutti e tutti quanti hanno un amore, sulla
cattiva strada, sulla cattiva strada.”

 

 

 

Written by Ezio

27 ottobre 2007 at 19:24

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Da un manoscritto sopravvissuto ai roghi del medioevo

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Quando distesa sulla terra giace la vita umana,
visibilmente pesticciata ed orribilmente schiacciata sotto la crudeltà della religione,
la quale intanto dalla regione dei cieli superni
mostrò il suo viso calando sugli uomini mortali con orribile aspetto,
la prima volta un uomo della Grecia osò alzare i suoi occhi mortali contro di lei;
primo fu egli a mettersi in piedi e sfidarla.
Né le storie degli Dei, né i fulmini né il cielo con minacce brontolate lo possono domare,
ma tanto più egli rialzava della sua anima il grande valore,
finché agognò essere il primo a farsi strada attraverso le porte serrate della Natura.
Quindi la fervente energia della sua mente prevalse,
ed egli passò in avanti viaggiando lontano,
al di là dei bastioni fiammeggianti del mondo,
spaziando lontano con la mente e con lo spirito,
attraverso l’universo immisurato e di qui,
come conquistatore,
egli ritorna a noi portando indietro la conoscenza,
tanto di ciò che può che di ciò che non può arrivare ad essere,
insegnandoci alla fine su quale principio ogni cosa ha il suo limite
ai suoi poteri e la sua pietra di confine ben piantata in terra.
Quindi adesso la religione è stata buttata giù
sotto i piedi degli uomini e pesticciata a sua volta.
La sua vittoria esalta noi stessi all’altezza del cielo.

Lucrezio (a Epicuro)
De rerum natura
Libro 1

Written by Ezio

26 ottobre 2007 at 20:53

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Debunkers

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torri.jpg

Ennesimo dibattito sull’11/09/2001, mi dice blob.

La trasmissione (trattasi niente di meno che del Costanzo show) per quanto ho capito presentava il libro “Zero” di Giulietto Chiesa; devo ammettere che non l’ho vista, ma sono bastati pochi secondi di inquadratura e pochi secondi di parole all’interno di blob per capire che non c’è niente di nuovo.

Niente di nuovo da capire se non allontanarsi di corsa dallo show mediatico, dove due giornalisti vengono invitati unicamente per trasformare in rissa qualunque tentativo di dibattito.

Atlantisti, li chiamano, o anche americanisti; mentre di etichetta in etichetta noi (!?!? Noi chi?) siamo complottisti o cospiratori. Persino il buon Deaglio è caduto nella trappola un po’ di tempo fa, sulle pagine del suo Diario, con un articolo vecchio di un anno ma già ampiamente sputtanato di Popular Mechanics, per poi essere seppellito dagli stessi debunkers, poco dopo, a causa della sua inchiesta sulle schede bianche. Chi di ridimensionamento ferisce…

Mercenari della parola, vista la loro assoluta mancanza di argomenti; o semplicemente burattini coi fili ben visibili da chi ha buona vista.

Sul fatto che l’attentato di cui sopra sia stato causato dalla sfiga non c’è più alcun dubbio, basta dare una letta al sito di Attivissimo per capire che la legge di Murphy ha giocato il ruolo principale; ma questo non è il punto, visto che debunker pare abbia assunto il ruolo di mestiere, il punto è che a fronte di un’indagine specifica, cent’anni di osservazione prima e comprensione poi delle leggi della fisica e della termodinamica vengono demolite in pochi minuti. Tutto ciò che abbiamo studiato e compreso, le basi su cui fondiamo la nostra razionalità e su cui costruiamo la tecnologia che ci rende la vita meno difficile (ma anche questa ha un prezzo ben salato) sono saltate via; anzi crollate a terra dopo manovre che neanche a David Copperfield sarebbero riuscite. A questo semplice problema di natura scientifica, mi par di capire, Chiesa e tanti altri chiedono una risposta, ma pare che l’unica pronunciabile sia stata e sia ancora: “Antiamericano e antisemita!”

Si può solo prenderne atto, nient’altro.

Written by Ezio

25 ottobre 2007 at 21:26

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Dialogo

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“Bambini in mare.

Extracomunitari irregolari.

Li salviamo, maggiore?

Meglio gettare anche i genitori

per ricongiungere il nucleo famigliare.”

Written by Ezio

24 ottobre 2007 at 20:31

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225 Anni

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Il filmato è vecchio e il download accessibile a tutti!

E poi, in fondo, che sono 225 anni d fronte all’eternità? Un attimo! Ancor più dividendo tra tanti. Tra l’altro, visto il fermo immagine, direi proprio che sia la giusta punizione.

Una frase, letta qualche anno fa su un vecchio libro di Kropotkin (in un contesto completamente diverso), da dedicare alle forze del disordine sociale: Tchouyộï vek zaiedàïou; pora no pokộï! (Vivo la vita degli altri; è tempo di ritirarmi!)

Written by Ezio

23 ottobre 2007 at 22:11

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Soldi

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Qualche giorno fa m’è toccato di sentire un (pseudo?) giornalista parlare e sparlare di euro, ovviamente nell’unica aula accessibile a tutti: la televisione. Il dramma degli aumenti indiscriminati risiede tutto nella moneta – ci informa il sicario – in quanto “unità” non cartacea.

In questa povera Europa (a seconda dei punti di vista di cioccolata o di merda; tanto, il colore…) la linea dei due paesi economicamente dominanti ha prevalso su tutti gli altri. Infatti sia i francesi che i tedeschi avevano l’unità coniata, Franco e Marco (così dice lui), in luogo della banconota adottata da inglesi e americani. Poi, per noi poveri italiani (e quindi ignoranti nei conti), la vecchia abitudine all’unità cartacea era così tanto vecchia da non permetterci di comprendere immediatamente il valore dello spicciolo; il quale assomma, con l’unità della nuova moneta, al doppio della vecchia unità cartacea (a me, carta o metallo che sia, viene in mente “un euro = due lire”, ma evidentemente si riferiva a “un euro = duemila lire”).

Ovviamente, dopo le interviste di rito nei mercati e nei supermercati, ha aggiunto che l’unione europea ha tempo fino al 2011 per ripensarci e poter permettere alle massaie (Italiane? Sarà che la parola “massaia” l’ho sempre intesa come una sorta di insulto, figuriamoci “massaia italiana!”), e non solo a loro, un più facile paragone con le vecchie lire (la lira era infatti la moneta europea…). Detto questo, il sicario ha omesso di dire altro: ad esempio che le monete sono coniate dagli stati e le banconote stampate dalla BCE, per cui le prime vengono messe in attivo nel bilancio statale mentre le seconde in passivo, poiché nascono già gravate dal debito, tanto che più risulta essere positivo il pil più risulta aumentare il debito pubblico. Debito che – aggiunge – io che sto scrivendo e tu che stai leggendo dovremo pur estinguere, prima o poi…

Infatti (almeno io che sto scrivendo) me lo immagino benissimo uno stato che accetti di gettare nel cesso una fonte di guadagno pulito e semplice…

E allora? Allora niente!

A mio avviso si può solo seguire il consiglio di un francese: pedinare il banchiere e seguirlo quando salta da una finestra, lì vi si troverà certamente del denaro…

Written by Ezio

21 ottobre 2007 at 21:14

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Un canto

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Cambiano i tempi, le ciotole, le monete…

poveri.jpg

Canto del povero in Ecuador (o canto di un povero qualunque)

– Hai fame?

– Tanto.

– Mangiati un crampo.

Magari accoppa una zanzara,

le succhi il sangue e per domani

serbi la trippa che ne rimane.

Written by Ezio

19 ottobre 2007 at 20:30

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Uomini e scienza

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saturnobb_big.jpg

Tra i miei hobby c’è sempre stata l’astrofilia, tanto che possiedo un telescopio da otto pollici di diametro più vari marchingegni ottici che mi permettono di guardare un po’ oltre la visione degli occhi. Ho passato anni col naso in su, spesso delle mezze nottate e a volte delle nottate intere. Altre volte, quando c’erano eventi notturni come occultazioni di stelle o eclissi di luna, mi svegliavo per osservare e poi tornavo a dormire, freddo o non freddo, lavoro o non lavoro il giorno dopo. Certo, se potesse sentirmi Pierangelo Bertoli probabilmente mi canterebbe “Caccia alla volpe”: “… ripensa ai suoi anni spesi male, a guardare la luna col cannocchiale…” Mi perdonerà, uno dei miei compagni di viaggio, se dico che non trovo nulla di più poetico di un cielo limpido e terso in alta montagna. Ma anche se oggi tutto è diventato un po’ più stancante, tanto che il povero Mede non esce quasi più dalla camera, non rinnego questo passato, anche perché di tanto in tanto mi ci diletto ancora.

Devo ammettere che c’è stato un momento in cui il mio credo nella scienza era totale, tanta era la convinzione che la ricerca (scienza) e l’applicazione (tecnica) potessero risolvere tutti i problemi che affliggono l’uomo. Lo scienziato rappresentava l’essere infallibile: me lo raffiguravo ateo, razionalista, altruista, ma anche bonaccione e, soprattutto, con un’intelligenza superiore, quasi un altro essere.

Quello che penso oggi non sto neanche a descriverlo, mi limito a dire che odio profondamente tutto ciò che è establishment e che la scienza la ritengo perfettamente descritta con questa parola.

Oggi (o ieri, o l’altro ieri, non so.) un vecchio nobel per la medicina (che non è scienza ma una sorta di artigianato) se n’è uscito col giochino dei test per misurare l’intelligenza, specificando che alcune razze (i negri, guarda un po’, ma probabilmente anche i figli della chingada) devono mancare di alcuni geni, tanto da essere “scientificamente” meno intelligenti dei bianchi. Al di là del risibile fine dei test, che non misurano l’intelligenza ma le attitudini, e delle risibili parole del dott. Watson, credo che “le prospettive del continente africano se ne debbano sbattere delle nostre politiche sociali e colonialiste, poiché esse si basano sull’intelligenza misurata e attribuita da test applicati alla nostra società e al neoliberismo”; e questi test non smentiscono nulla, se non un povero vecchio bavoso nonché nostalgico nazista.

Written by Ezio

18 ottobre 2007 at 21:23

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Parlarsi addosso

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“Mi piace sentirmi parlare, è una delle cose che mi divertono di più.

Spesso sostengo lunghe conversazioni con me stesso, e sono così

intelligente che a volte non capisco nemmeno una parola di quello che

dico.”

(Oscar Wilde)

 

“Stranieri di merda!” (!?!?)

“Ah, vedrai fra un po’.” (E che altro dovrei vedere? La tua faccia da cazzo la vedo già da troppi giorni!)

“Se continua così ai nostri fiji rimane ‘n ceppo de cazzo!” (Appunto , stronzo!)

“Ah, io la legge me la faccio da per me! Se me entra ‘n ladro lo ‘màzzo e lo sottèro all’orto!” (Eh, già…)

“‘Sti zingari se fregano tutto!” (Soprattutto le mani per combattere il freddo, direi.)

“Guarda che schifo li scarabocchi sur muro.” (Tu non ne se capace eh. Coglione!)

“Questo me l’ho fatto tutto da me, quanno ero più giovane lavoravo sedici ore ar giorno.” (Bello stronzo che sei stato.)

“Trecento mijoni c’ho speso pe’ fa er recinto de la casa ‘n montagna. ‘N m’hanno mai rubbato.” (Ma porc…)

“A mi fija jiò lasciato er negozzio: milleeducentometrisopraesotto.” (Come mi piacerebbe se ti mandasse in culo.)

“Dentro ar negozzio jiò lasciato pure tre mijardi de lire de stoffe.” (E a me cosa cazzo me ne frega!)

“Guarda quella che banco de culo che tiene! Te stai a rifa’ l’occhi eh!” (Sessista e cialtrone .)

“A quello jiò affittata la casa e me se frega la corente.” (Logico, è straniero…)

“Dici che jela faccio a famme ‘na scopata?” (Certo, come in questo momento, mentre ramazzi i calcinacci che io non intendo ramazzare. D’altra parte il viale è il tuo.)

“Mi fijo pensa solo a lavorà’, è la mojie che je pija l’appuntamenti. Mo s’è comprato ‘nantro appartamento.” (Occazzo, comincio a non farcela più!)

“No, perché quelli der pub vicino la notte vengono a piscià addosso a la siepe.” (Ti ci facessero pure bisogni più consistenti in questa merda di ingresso.)

“So’ tutti ladri!” (Te, invece…)

“Eh, caro mio, ‘sti giovani nun c’hanno più vojia de lavorà!” (E certo, l’hai consumato tutto tu il lavoro disponibile.)

“A me me so venuti tre ‘nfarti, spegni sta sigheretta che te fa male!” (Tre!?!?!? E stai ancora qui a rompere i coglioni!?!?!?)

 

La storia va avanti da quattro giorni lavorativi, e dovrà andare avanti in qualche modo per almeno un mese. Parlarsi addosso, per l’appunto, visto che evito accuratamente di rispondere. Lui è quello che paga e io quello che lavora, per cui tutto ciò che posso fare è sputare per terra per evitare di sputargli in faccia. Almeno per il momento…

Written by Ezio

17 ottobre 2007 at 19:28

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Cane da guerra

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Trovo incredibile che la parola “fascista” sia stata bandita dai media, nazionali e non; che sia diventata impronunciabile quanto la parola “(cazzo)tto” fino alla fine degli anni ’60. Nell’accezione comune il termine “comunista” sembra invece essere diventato una sorta di insulto di cui fregiarsi per indicare persone e luoghi; o con cui – a seconda delle idee – additare l’usurpatore di poltrona. Comunista è lo schioppo Padoa e comunista è il presidente della camera, nella stessa, identica, accezione del termine. Così come comunisti sono tutti coloro che fanno del liberismo uno stile di vita, senza tuttavia mostrarlo. E quando non comunisti si dice ex comunisti. E quando comunisti comunisti si dice radicali (ma poi, che cazzo c’entrano i radicali?). E poi, ‘sti cazzo di comunisti avrebbero pure rotto un po’ i coglioni. Sempre in giro, sempre pronti a rilasciare interviste su canali televisivi e giornali, sempre con la soluzione pronta per far fronte a qualunque problema, a parole e coi fatti.

Qualche giorno fa è morto Bob Denard. Tardi, ché a loro tocca sempre troppo tardi. Così stasera mi son messo a cercare in rete se qualche giornalaio di regime avesse avuto il coraggio di scrivere ciò che è stato e non solo ciò che ha fatto: colpi di stato, mercenario e anticomunista. Colpi di stato, mercenario e anticomunista. Colpi di stato, mercenario e anticomunista. Colpi di stato, mercenario e anticomunista. Colpi di stato, mercenario e… cazzo, basta così.! Lo sappiamo tutti che ha organizzato colpi di stato, che è stato stato mercenario e anticomunista, ma scrivere quella bella parolina proprio no eh?

Written by Ezio

16 ottobre 2007 at 22:36

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Thomas Sankara

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“La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è una festa letteraria; non è un disegno o un ricamo; non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità o delicatezza, con tanta grazia e cortesia: la rivoluzione è un atto di violenza.” (Mao Tzé Tung)

Vent’anni fa, il 15 ottobre, veniva assassinato Thomas Sankara. Come gran parte di coloro che fanno politiche rivoluzionarie nel proprio paese fu tradito e fatto assassinare dai sui stessi amici, comprati coi soldi dei banchieri in cambio di politiche liberiste. Appare evidente, da ciò e da altro, che non si comprano solo i sicari ma anche i mandanti e i mandanti dei mandanti, nonché tutti coloro che risultano avere le mani linde e profumate, alla fine.

Le rivoluzioni in effetti non sembra possano percorrere altre vie se non quelle della violenza; e, di fatto, nessun’altra strada mi appare (e mai m’è apparsa) percorribile per superare lo stato delle cose.

Salì in effetti al potere in seguito di un’insurrezione popolare e, da lì partendo, iniziò una politica protezionista e anticolonialista per quanto riguarda le ricchezze interne, riportando in breve tempo il Burkina Faso all’autosufficienza alimentare (mancava da settant’anni, in Africa, l’autosufficienza alimentare), anche facendo leva sull’odiato (per me) nazionalismo e abbattendo tutti i privilegi delle classi fino ad allora dominanti, nonché di quella dirigente.

Al di sopra del tropico del cancro Sankara è poco conosciuto (anche se ci sono almeno un paio di libri che, prima o poi, riuscirò a procurarmi), poiché tutto ciò che è Africa risulta essere anche negro, per cui non degno di approfondimento politico da parte dei media. Gli africani sono stati schiavi fisici ieri e sono schiavi finanziari oggi, ma il debito contratto con loro dagli occidentali resta unicamente un debito di sangue, che prima o poi toccherà estinguere, in un modo o nell’altro.

Sarebbe già un buon inizio lasciarli in pace…

Written by Ezio

15 ottobre 2007 at 21:28

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Qualcosa è cambiato?

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È bastato il rifiuto di partecipare, mercoledì scorso, ad un convegno di un candidato(?) – femminile – nel partito democratico per rischiare di “freddare” un po’ un rapporto che dura da sempre.

 

– Pronto?

– Come va?

– Bene.

– Che fai mercoledì sera?

– E che ne so! (È ancora lunedì ed io non so neanche quello che farò tra un’ora…)

– Non è che per caso ti va di venire ad un convegno del PD?

– Convegno del PD? Perché è già stato partorito? Comunque non credo, sono certo che avrò un tal casino di cose da fare, tutte per caso…

– Ma dai, tanto è solo per fare numero…

– Ho capito ma per me fare numero equivale a perdere del tempo.

– Vabbè, ci sentiamo mercoledì.

 

E mercoledì mattina, mentre ero intento a sistemare il motore del cancello elettrico di casa mia, come d’improvviso appare.

 

– Allora, che fai?

– Niente.

– Non vieni?

– Ma neanche portato a braccia!

– Ma scusa, se non hai niente da fare…

– Se non avrò niente da fare vuol dire che mi troverò qualcosa da fare…

– Ma mica ora. Verso le sei.

– Appunto! Fosse anche verso le cinque, o verso le sette, o anche subito…

– Insomma, cazzo, grazie a lei ho preso lavori per (tot) euro. Gli ho solo promesso che avrei portato al convegno una trentina di persone e tu dici che non vieni? Stiamo lì un’oretta, ci facciamo qualche pasticcino e un paio di aperitivi, che tanto costano poco (avrei dovuto anche pagare, sembra), sentiamo un po’ quello che dice e poi, dopo aver fatto presenza, ce ne andiamo a casa. Non ci danno mica la tessera (lui aveva, e forse ancora ha, quella dei DS), non gli si deve mica promettere il voto, è solo (di nuovo) per fare numero.

– Occazzo, ma perché non fai fare numero ai tuoi operai? (Anche lui lo è stato fino ad un paio d’anni fa.)

– Ma no, sono quasi tutti stranieri!

– Ah, già, stranieri… (anche i numeri, per poter essere sommati, abbisognano della “targa”, evidentemente. Se non altro sono tutti in regola col libretto di lavoro.) Vabbè, fai un po’ il cazzo che ti pare! Io lì, a vedere e magari scambiare parole con facce sicuramente di merda non ci vengo!

– Che stronzo che sei!

 

Se non mi ricordasse una splendida commedia con Helen Hunt e Jack Nicholson direi proprio che da mercoledì, forse, “qualcosa è cambiato”, ma non da parte mia. Per fortuna però che le commedie durano poco e tali risultano essere, visto che pare abbia capito. Durano tanto poco che stasera, dal ritorno da un lungo giro in moto, ho trovato la strada bloccata a 200 metri da casa mia, davanti ad una sorta di centro sociale che, più che tale, risulta essere un centro bocciofilo per anziani e parco giochi per bambini. Non c’era verso di svicolare, tanto che ho pensato ad un incidente e invece… e invece sul marciapiede c’era una bancarella coperta da gazebo bianco con tanto di fila umana per votare il segretario.

Cazzo! Avessi avuto un euro da arroventare con l’accendino e gettare a terra…

 

Written by Ezio

14 ottobre 2007 at 19:09

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